Le strisce della zebra servono a mimetizzarsi agli occhi dei tafani e delle mosche cavalline, dato che un mantello con di questo disegno attira molto meno di uno uniforme questi insetti ematofagi che, diffusi in tutta l’Africa, hanno un impatto considerevole sulla salute degli animali.
E’ la conclusione a cui è giunta una ricerca condotta da un gruppo di ricercatori della Eötvös University a Budapest e dell’Università di Lund, in Svezia, che ne riferiscono in un articolo publicato sul ” Journal of Experimental Biology“.
Il caratteristico mantello delle zebre ha suscitato molte speculazioni sulla sua funzione e sul perché della sua evoluzione, dall’idea che potesse rendere meno identificabili animali nell’erba alta della savana all’ipotesi che fornisse un contributo alla termoregolazione. Tuttavia, tutte queste ipotesi mancavano di evidenze sperimentali in grado di suffragarle.
In quest’ultimo studio, i ricercatori sono partiti dal fatto che i tafani sono attratti dalla luce polarizzata orizzontalmente, perché sono polarizzati così i riflessi dall’acqua degli stagni dove questi insetti possono accoppiarsi e deporre le uova. Le femmine dei tafani, ematofaghe, sono attirate anche dalla luce polarizzata linearmente che viene riflessa da molti tipi di manto o dalla pelle delle loro “vittime”.
Nel corso di una sperimentazione condotta in un allevamento di cavalli nei pressi di Budapest infestato da questi insetti ematofagi, i ricercatori hanno proceduto ad allestire sagome di cavallo cosparse di una sostanza collosa per controllare la capacità di attrarre i parassiti dei diversi tipi di mantello, includendovi anche mantelli a strisce, suddivisi in funzione della densità, dell’angolazione delle bande e della direzione di polarizzazione della luce riflessa che determinavano. L’ipotesi di partenza era che la capacità di attrazione variasse da un massimo per i manti nero e marrone, che polarizza la luce orizzontalmente, a un minimo di quello bianco.
E’ risultato invece che la pezzatura a strisce era quella meno attraente per i tafani e che gli schemi a strisce erano tanto meno attraenti quanto più le strisce diventavano strette. Evidentemente, osservano i ricercatori, il mescolamento di tipi di polarizzazione diversa provocato da questo disegno distrugge il fascino esercitato sugli insetti dalle polarizzazioni “pure”.
Quando poi sono state misurate la larghezza delle strisce e la polarizzazione della luce riflessa da vere pelli di zebra, si è scoperto che il disegno della zebra mostrava una buona correlazione con i disegni meno attraenti per i tafani.
“Possiamo concludere che le zebre hanno sviluppato un modello di manto in cui le strisce sono sufficientemente strette per garantire la minima attrattività possibile per tafani e altre mosche cavalline“, scrivono gli autori, aggiungendo che l’evoluzione di questo manto è stato verosimilmente una risposta adattativa a un ambiente, quale quello delle savane africane, in cui la presenza di questi ditteri è particolarmente elevata.